Storia della guerra fredda by Federico Romero

Storia della guerra fredda by Federico Romero

autore:Federico Romero [Romero, Federico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-06-18T04:00:00+00:00


In quest’ottica volta a migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, la guerra in Vietnam era d’ostacolo piú che di aiuto alla diplomazia di Mosca, mostrando quanto le superpotenze subissero non solo un’interdipendenza reciproca ma anche il condizionamento, talora stringente, dei loro alleati minori. Le esigenze della solidarietà internazionale nel campo socialista imponevano infatti di sostenere Hanoi, cosa che Mosca fece fornendo armamenti anche sofisticati (in particolare radar e missili antiaerei) e compartecipando alla battaglia retorica contro l’imperialismo americano. I dirigenti nordvietnamiti usarono abilmente la concorrenza sino-sovietica per strappare il massimo degli aiuti da entrambe le potenze comuniste, mantenendo simultaneamente una forte autonomia decisionale. Erano loro, ben piú che Mosca o Pechino, a condurre il gioco sul campo. Tanto che quando Johnson chiese a Kosygin, nel 1967, se Mosca potesse facilitare l’avvio di trattative con i nordvietnamiti, il primo ministro sovietico non poté rispondere: benché favorevole a una soluzione negoziata del conflitto, Mosca sapeva di avere un’influenza assai limitata su Hanoi. «La situazione era assurda» scriverà anni dopo l’ambasciatore Dobrynin, ricordando l’insofferenza di Brežnev per l’ostinazione bellicista di Washington, Hanoi e Pechino, «il comportamento dei nostri alleati [...] bloccava sistematicamente una discussione razionale dei problemi che erano davvero di cruciale importanza» per le superpotenze17.

In effetti le relazioni tra USA e URSS continuarono a migliorare, a dispetto del Vietnam, e il termine distensione divenne di uso corrente18. Mentre combatteva «l’aggressione comunista» in Vietnam, Johnson sottolineava pubblicamente la necessità di «costruire ponti» con l’Europa orientale e l’URSS19. La bussola della politica estera americana restava la diminuzione del rischio di guerra nucleare. Mosca, Londra e Washington s’impegnarono a non collocare armi atomiche nello spazio, con un trattato firmato nel 1967. Il presidente americano era anche contrario a ogni ipotesi di armamento nucleare della Germania, questione che cessò quindi di ostacolare il dialogo tra USA e URSS. E l’idea di un controllo concordato che limitasse la proliferazione degli stati nucleari rimase centrale sia per Mosca sia per Washington, tanto che alla vigilia del primo test nucleare cinese il dipartimento di Stato esplorò con Dobrynin la possibilità di «collaborare in un’azione militare preventiva» contro la Cina20.

Non se ne fece nulla e Pechino costruí la sua bomba. Ma la comune volontà di isolare la Cina nucleare e frenare la diffusione delle atomiche, codificando la distinzione tra le potenze nucleari e tutti gli altri, sospinse Mosca e Washington a negoziare il Trattato di non proliferazione nucleare, siglato il 1º luglio 1968. I firmatari s’impegnavano a non trasferire armi nucleari agli stati che non ne disponevano (e questi a non acquisirle) e istituivano un regime di controlli internazionali sulle attività atomiche. Era una decisione che suscitava l’ostilità dei paesi che ambivano alla bomba, come l’India e Israele, e la frustrazione di quegli alleati – come la Germania e l’Italia – che accogliendo le pressioni USA per una loro adesione vedevano fissato per sempre il loro status secondario entro la NATO21. Ma proprio la volontà d’incorrere in questi dissidi mostrò quanta importanza le due superpotenze attribuissero alla stabilizzazione del



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